A tavola
Dobbiamo riconoscerlo: le nostre catechiste (e il prete che le segue…) hanno una fantasia davvero invidiabile!
L’idea di mettersi a tavola ogni domenica con un nuovo fratello o sorella ci ha accompagnato in modo efficace a vivere il cammino di quaresima. C’è un problema tecnico questa domenica perché mettersi a tavola con un asino… dev’essere decisamente impegnativo!
Ci consola un po’ il fatto che anche il nostro vescovo è sulla stessa lunghezza d’onda: questa sera alle 20.32, dopo il pensiero serale di Delpini, Arianna Scommegna leggerà un apologo scritto dal vescovo stesso che racconta la storia dell’asino Arturo e del cavallo verde… Non perdetevelo!
Ma stiamo entrando in quella settimana speciale (in realtà origine di tutte le settimane!) nella quale riviviamo come prima tappa il sederci a cena con il Signore stesso. E di questi tempi capiamo quanto mai abbiamo fatto in passato quanto sia meraviglioso potersi sedere a cena tra amici!
Che voglia di normalità, di affetto, di vicinanza, di rilassamento, di confidenza…!
Anche quella di Gesù era una cena così… eppure “uno di voi è un diavolo”! Altro che asino!!!
Gesù non annulla la cena, lava i piedi anche a Giuda e intinge il boccone con lui.
Per seguire il Maestro dobbiamo desiderare di saper stare a tavola anche col fratello Giuda.
dL
Fratello asino
La nostra vita può realizzarsi solo se comprendiamo l’asino.
Lo dico meglio: il regno di Dio viene se accettiamo quel Re che arriva seduto sull’asino, quel Re che ha bisogno di essere introdotto da qualcuno che ha imparato l’arte di portare il peso di qualcun altro, l’arte del servizio.
L’asino è lo strumento dei poveri, lavoratore umile e testardo che obbedisce passando inosservato, è l’emblema della piccolezza.
Il Re sull’asino è un’immagine stonata e spiazzante, ma è anche notizia bella: ogni uomo, anche il più insignificante, può portare la gloria del Re dei re. Tutti noi, per quanto piccoli, siamo insostituibili, perché possiamo farci sedili di un Re che non vuole cavalli, ma strumenti deboli proprio per mostrare di che pasta è fatta la sua regalità. Lui stesso farà come l’asino, porterà fino in fondo il peso di tutti gli uomini.
Portare il peso degli altri non è facile, direte. Infatti, è impossibile!
È impossibile se prima non facciamo i conti con quel Re che sceglie di manifestarsi nella piccolezza; è impossibile se non accettiamo davvero che Dio è Padre e non un padrone che vuole castrare i nostri desideri; è impossibile se continuiamo a comportarci come orfani terrorizzati e nudi, ansiosi di nasconderci dietro tante foglie di fico al solo scopo di mitigare la paura di essere soli e affamati; è impossibile se non ci convinciamo che il Padre non ci farà mai mancare ciò che ci serve davvero.
Solo se confideremo nella provvidenza del Padre potremo guardare al nostro prossimo come a una persona che nulla ci toglie, perché avremo un Padre che penserà ad entrambi. Se, invece, continueremo a pensare a Dio in termini di potere e dominio, come a un padrone geloso della nostra felicità, allora sarà consequenziale e ragionevole vedere nell’altro un nemico da eliminare. Potremo pure raccontarci che il vicino di casa è nostro fratello, ma non ci crederemo: si è fratelli solo se si è figli dello stesso Padre, la fratellanza è conseguenza della figliolanza.
Ma noi abbiamo un grosso problema: facciamo una fatica tremenda ad accettare che Dio è Padre, perché ci piacerebbe tanto un Dio che punisse i “cattivi” invece di perdonare e trattare tutti allo stesso modo, un Dio giustiziere che distinguesse i giusti dagli ingiusti e facesse ciò che faremmo noi se solo fossimo Dio, insomma un Dio che agisse secondo i nostri parametri. Quest’idea è tanto radicata in noi che l’intera Rivelazione sta lì a spiegarci che Lui non è come noi l’immaginiamo, che l’idea che abbiamo di Dio è un’immagine demoniaca dalla quale Lui ha voluto liberarci facendosi appendere a una Croce, identificandosi con un asino.
Tra poco vivremo il rito della “lavanda dei piedi” e troveremo inaccettabile che Dio ci serva, proprio perché non siamo disposti a rinunciare all’idea di un Dio potente e dominatore.
Nulla condiziona la vita quanto i modelli che scegliamo. Orientiamo tutte le nostre scelte per somigliare al principale dei modelli, quello del Re. Dobbiamo sceglierlo bene il Re, perché regnerà incontrastato nel nostro cuore e determinerà ogni cosa di noi, ci dominerà e noi lo serviremo.
Coloro che acclamavano Gesù sono gli stessi che una settimana dopo grideranno: “crocifiggilo!”, forse perché hanno visto Gesù venire sull’asino. Non se l’aspettavano, non ce l’aspettiamo. Siamo affezionati a ben altro modello di Re.
Se accetteremo il Re seduto sull’asino, allora sarà consequenziale sentirci fratelli.
Ma noi inseguiamo un’idea di successo bugiarda, fondata sulla triade potere-denaro-celebrità e, finché non scopriremo il “successo dell’insuccesso”, non capiremo l’asino, quindi ogni discorso sulla fraternità sarà retorico.
L’asino ci insegna che il vero successo consiste nell’eseguire un compito, andando “oltre sé stessi” per darsi a qualcosa o a Qualcuno. E allora sì che sarà possibile ottenere il successo anche nell’insuccesso, come fa l’asino, che imbocca strade tortuose che vanno spesso in salita, ma giunge così in cima alla montagna e può godersi il panorama.
L’asino ci insegna che l’uomo è come l’occhio, la cui capacità non dipende dal vedere sé stesso, ma il mondo che lo circonda; se vede sé stesso, è malato di cataratta. Insomma, la porta della felicità si apre solo verso l’esterno.
Lucio Bongiovanni
Francesco
Se tutto è connesso, è difficile pensare che questo disastro mondiale non sia in rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, pretendendo di essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste. Non voglio dire che si tratta di una sorta di castigo divino. E neppure basterebbe affermare che il danno causato alla natura alla fine chiede il conto dei nostri soprusi. È la realtà stessa che geme e si ribella. Viene alla mente il celebre verso del poeta Virgilio che evoca le lacrimevoli vicende umane.
ULIVO… PACE E BENE!
Già dall’antichità l’ulivo è considerato albero sacro, non soltanto per i molteplici usi per i quali viene impiegato l’olio che se ne ricava, ma anche in quanto simbolo di pace, trionfo e vita.
Nell’Antico Testamento troviamo un primo riferimento a questa pianta quando la colomba inviata da Noè ritorna all’arca con un rametto di ulivo nel becco, segno della ripresa della natura dopo la distruzione causata dal diluvio, e, alla luce dei nostri giorni, annuncio di rinascita in questo dramma della Pandemia.
Anche nel Nuovo Testamento l’ulivo è presente più volte. Gli abitanti di Gerusalemme accolgono l’ingresso trionfale di Gesù sull’asinello agitando rami di palma e di ulivo. Gesù trascorre la notte che darà inizio alla Sua Passione proprio nell’orto del Getsemani (ossia del frantoio).
L’ulivo, come la pianta che incontriamo ogni giorno sul sagrato di S. Maria Beltrade, è simbolo di Gesù stesso che con il Suo sacrificio diventa riconciliazione per tutti gli uomini, simbolo di gioia e dell’amore di Dio per tutti noi.
In questa settimana sul terrazzo di San Gabriele Arcangelo, baciato dal sole, è successo qualcosa di bello. Un insieme di mani giovani e vecchie hanno cercato di tagliare con amore rametti di ulivo e con grande delicatezza hanno tentato di inserirli nei cartoncini prestampati, cartoncini che, durante la le celebrazioni della Domenica delle Palme, troveranno altre mani pronte ad accoglierli.
Certamente avranno una collocazione nella casa di ogni persona, ma sicuramente nel cuore di ognuno, con Gesù.
Clelia e Serena
-> Scarica la locandina della Settimana santa
-> Scarica Ali_111_28-03-2021.pdf