“Ali”

Sorella straniera

Tu sei l’altro

Accorgersi degli altri è già una cosa molto importante e molto bella. Fare qualcosa per gli altri ancora meglio. Ma c’è di più!
Quando parliamo di “altro” abbiamo in mente che c’è qualcosa che conosciamo bene e di cui conosciamo i confini e poi c’è qualcosa che è oltre quel confine e che non conosciamo bene, che è diverso, strano, a volte un po’ incomprensibile e fastidioso, qualche volta anche attraente e affascinante.
Ma la faccenda più seria capita quando ti accorgi che il confine passa dentro di te: improvvisamente ti rendi conto che non ti conosci poi così bene… e magari scopri qualità nuove e bellissime che non sospettavi nemmeno di avere, a volte sfaccettature che non sopporti proprio. Ma chi te le fa scoprire? Qualcun altro! Eh già, perché non potresti mai sapere chi sei se non ci fosse nessun altro che ti guarda. Dunque l’altro è proprio colui che ti fa esistere!
Auguriamoci, cari amici, di avere sempre di più un cuore docile come quello di un uomo assetato che si siede a chiedere da bere ad una straniera o come quello di una donna che si mette a chiacchierare con uno sconosciuto. Come quello di chi nell’altro riconosce un fratello perché fa, prima ancora, la meravigliosa esperienza di scoprirsi accettato nonostante la propria stranezza e debolezza.
dL

Straniero tu
straniero io

Straniero. Diverso.
Estraneo. Quante volte sentiamo queste parole usate in senso dispregiativo? Come armi per ferire, dividere e invocare una qualche superiorità non meglio precisata. Ho solo 24 anni, ma ho provato sulla mia pelle che tutti siamo stranieri, piccoli. Non è facile rendersi conto di questa condizione insita nell’uomo e ancora meno facile da accettare. Certo se rimani nella tua bolla, nella tua torre fortificata ti sentirai sicuro, ben difeso, ancorato a delle solide tradizioni e fermo sulle tue posizioni infallibili e incontrovertibili. In realtà sei solo. A cosa serve sentirsi sicuri se non hai nessuno con cui condividere la tua fortezza? A cosa serve una bella usanza popolare se non dura oltre te perché non la tramandi? A cosa serve la libertà se la tua vita è fatta solo di granitiche certezze? Solo quando ci si apre al mondo ci si accorge che in realtà non siamo così sicuri, così protetti: siamo tutti stranieri.
Per due volte ho deciso di uscire dalla mia torre e mettermi davvero in gioco in questo mondo. La prima volta avevo 15 anni, un’età di confine tra la fanciullezza e l’età adulta. Una frontiera che tutti (o quasi) siamo chiamati ad attraversare. Mi offrii di fare il catechista… in quei quattro lunghi anni ho imparato più di quanto ho insegnato, sono cresciuto più di quanto ho fatto crescere, ho ricevuto più di quanto ho dato. Stupendo riconoscermi doppiamente straniero e alla fine doppiamente stimato, apprezzato, amato.
La seconda esperienza è più recente. Una chiamata al servizio apparentemente banale: serviva qualcuno che facesse rispettare il distanziamento nelle sempre più lunghe code di chi chiedeva cibo. Ancora una volta ingenuamente pensai che in fondo non dovevo essere altro che un gendarme, un controllore intransigente. Ed ecco un’altra volta che mi accorgo di essere straniero, straniero tra stranieri, piccolo tra piccoli. Quanta difficoltà che non potevo immaginare, quanta fatica mai raccontata. E quanta sublime bellezza.
Mi sentivo straniero. Impotente. Ma ecco ancora una volta, proprio come accadde alla Samaritana, un Dono gratuito. Come sono grandi i doni di chi non possiede nulla, di chi ha solo se stesso da donare e si dona gratuitamente, senza che io all’apparenza potessi dare nulla in cambio. Ho ricevuto acqua viva in un sorriso, un saluto, un ‘come stai’, un cenno del capo, un piccolo racconto di fatica o di gioia, in dei bambini affidati alla mia custodia, nella memoria del mio nome, in una mascherina alzata “perché così non ci devi dire niente e sappiamo che non ti piace doverci richiamare all’attenzione delle regole”. Ed ecco che ancora una volta ho ricevuto più di quanto ho dato.
Ecco, io non voglio insegnare a nessuno come vivere, come approcciarsi al mondo perché non ne sono in grado. Ma da straniero vi dico non abbiate paura di farvi stranieri, di mettervi in gioco anche quando pensate di non avere niente da dare. Perché il mio niente è un po’ meno niente da quando ho ricevuto dell’acqua viva.
Gabriele (San Giovanni Crisostomo)

Mi chiamo proprio Mildred

Mildred. La chiamiamo così perché questo è il suo nome. Non vuole pseudonimi, non vuole nascondersi. Quando le chiedo se possiamo scrivere di lei, dice di essere orgogliosa e di essere felice di poter raccontare come la nostra comunità le “ha curato il cuore”. L’umiltà le impedisce di vedere che c’è del vero anche nel contrario.
Ha una figlia ed una splendida nipotina. E una storia molto dolorosa. Sguardo sveglio, animo generoso e una forza di volontà impareggiabile.
Mildred è straniera, viene da quel lontano Sud America. L’incontro con lei avvenne nell’interminabile coda che tutti i pomeriggi si snodava sul sagrato della nostra chiesa durante il primo lockdown. Era in fila con chi aveva bisogno di cibo. Si accorse della difficoltà dei volontari ad intendere le parole dei suoi compaesani e con discrezione si offrì come interprete. Mildred infatti parla perfettamente tre lingue… chi lo avrebbe immaginato? Sono tante le cose che mi stupiscono di lei e con sorpresa scopro mentre, con naturalezza, mi racconta pezzi della sua vita. In quel momento è iniziata una storia di amicizia.
Ora è una delle nostre volontarie più presenti con il cuore e con le mani. Dall’ascolto di chi è in difficoltà, all’organizzazione degli ambienti e degli alimenti che vengono distribuiti, a divertenti ripetizioni di spagnolo per ragazzi delle superiori. Se ha del tempo lo dona con gioia e se la ringrazi ti guarda con occhi che, stupiti, replicano “è giusto così”. È riuscita, poi, a coinvolgere altri suoi amici che sono sempre pronti per i lavori più pesanti.
E ogni volta ha un gesto di cura e attenzione anche per i suoi “colleghi-volontari”, come una calda e “banale” tisana nei freddi pomeriggi della distribuzione… che, però, banale non è. Gesto, infatti, naturale e scontato per lei; gesto che a me parla di una vera fratellanza, dove non c’è distinzione tra chi dà e chi prende, tra chi è italiano e chi viene da terre lontane (e per questo motivo immaginiamo sempre in una situazione svantaggiata), ma che dice di fratelli che si scambiano bene.
Un anno fa era solo una straniera in fila con altri stranieri.
Da straniera a sorella.
Katia Sciarra

Francesco

C’è una motivazione per allargare il cuore in modo che non escluda lo straniero, e la si può trovare già nei testi più antichi della Bibbia. È dovuta al costante ricordo del popolo ebraico di aver vissuto come straniero in Egitto:
«Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20).
«Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 23,9).
«Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Lv 19,33-34).
«Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto» (Dt 24,21-22).
(Fratelli tutti, 61)

Sei un po’ Mildred?

Sei hai bisogno vieni senza vergogna!
E appena puoi… prova a sentirti a casa!

Sei un po’ Gabriele?

Ti potrebbe capitare di scoprire quanto è preziosa la tua competenza!
Pagare una bolletta online, capire cosa c’è scritto su una busta paga, sapere se il tuo datore di lavoro versa i contributi Inps… possono essere operazioni estremamente banali per te, ma per qualcuno sarebbe davvero “manna dal cielo” se tu lo aiutassi a farle!
Potresti essere davvero felice di rendere felice qualcuno!

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