“Ali”

Epidemia… di cosa?

In questa fase mi sembra che ci sia l’epidemia conclamata di inchieste e indagini. A volte mi chiedo se sono io completamente “fuori” o se davvero siamo impazziti tutti. Credo che un bambino delle elementari capisca perfettamente che non aver usato delle mascherine non si può chiamare “omicidio”. Eppure è così. Non solo, ma è la notizia che in questi giorni tiene alti gli indici di ascolto dei telegiornali: tutti gli italiani sono magnetizzati dalla ricerca dei “colpevoli omicidi plurimi” nelle RSA.

Non sono così ingenuo da non saper che purtroppo in ogni situazione ci possono essere errori e colpe anche gravi, ma il problema è un altro. Qualcuno (che per la posizione politica che occupa nel mondo dovrebbe avere la decenza di non dire cose a caso e tantomeno dirle volutamente false) insinua esplicitamente l’ipotesi che i “colpevoli” della pandemia siano scienziati cinesi… perché quando si trova (o si inventa!) un colpevole in qualche modo si pensa di aver risolto il problema: siamo autorizzati a fargli pagare le spese, a fargli la guerra, ad ucciderlo! E tutti vissero felici e contenti…

Queste sono le fiabe. La storia è un’altra. E inizia dal peccato originale (quello sì che è l’inizio della storia umana ed è ben lontano dell’essere una fiaba!): nel mondo c’è il male e con il male… la morte.

Ci eravamo illusi di aver costruito una società senza morte.

La vera “fase due”, la “convivenza col virus” è quella che la Chiesa insegna da duemila anni: “ricordati che devi morire”… che magari vivi meglio!!!

Che meraviglia sarebbe se ci fosse una pandemia di fede!!! Se dalla celebrazione di questa Pasqua specialissima i cristiani di tutto il mondo fossero capaci di dire senza paura che della morte nessuno ha colpa perché da quella “colpa originaria” ci ha liberati per sempre – gratis! – Gesù, uomo morto e risorto! E che per questo possiamo vivere da risorti, amare, fare il bene, dare la vita… senza paura di morire e senza aver nessun nemico occulto da scoprire e combattere! Cari amici… ancora una volta: buona Pasqua!

don Lorenzo

TRE COSE DA RICORDARE

Si apre una nuova fase? Ognuno di noi fa i conti con tanta incertezza.. Non è per niente una bella compagnia. Nel cuore però avverto inattesi anche i brividi della curiosità. Come sarà la mia vita d’ora in poi? Come si modellerà nel quotidiano il cambiamento che stiamo attraversando. Sarei felice che di questi giorni mi rimanessero tre cose.

La preghiera via Skype con don Piero e don Lorenzo. Nella fatica dei primi giorni quando, sbarellati i nostri programmi, vagavamo  tramortiti da notizie drammatiche e immagini tristissime, ho pensato che se Gesù mi ha chiamato ad essere prete non è per organizzare incontri o gestire animazioni ma per stare con Lui. Così abbiamo scelto di vivere il cuore della nostra missione, noi tre sacerdoti della comunità, sostando in preghiera mattino e sera. Ci siamo trovati avvolti da un ritmo pacato e umile: la comunione profonda dei discepoli dediti ad amare in Gesù ogni famiglia delle nostre parrocchie.

La seconda cosa che desidero mi rimanga dentro è il dialogo con la mia solitudine. Fisicamente stiamo imparando quanto è difficile dalle nostre case aggregarci per una riunione del consiglio pastorale, per un incontro di catechismo.. E ci stiamo provando con video messaggi, celebrazioni su youtube:   ma funziona così così. Il vuoto che si è creato nelle strade ci aiuta a spostarci dalle aggregazioni alle relazioni.. dall’essere in molti allo stare ad uno ad uno. Quante belle telefonate in questi giorni, quanti messaggi profondi, quante buone riflessioni condivise, quante storie viste e raccontate: anche le canzoni e le musiche fiorite nella propria camera e poi coordinate nelle cellette dei contatti. Il primato della relazione personale è il dono del saper stare di fronte alla propria solitudine.

La terza cosa che desidero rimanga è la gioia di incontrare chi fa fatica in questa emergenza. Vedo dal mio balcone sul sagrato della chiesa il numeroso andirivieni di donne e uomini che stanno vincendo l’imbarazzo e la vergogna: sono con il loro  carrello della spesa alla ricerca di un sostegno. Sono fortunato perché in questi giorni vivo alla presenza di Gesù nei poveri: e imparo da loro a chiedere con mitezza, a sorridere di gratitudine, a benedire il dono insperato, a raccontare dentro ai dati richiesti anche le loro fatiche più vere. Sono fortunato perché in questi giorni vivo alla presenza di Gesù in chi è generoso. Al telefono, con un contributo, regalando disponibilità e servizio: emergono cuori lieti di fare del bene senza applausi, senza riconoscimenti. C’è una povertà che sta venendo ad abitare tra noi e ci fa scoprire anche noi più poveri ma felici del vangelo.

don Giuseppe

Si può andare in chiesa!

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, sul proprio sito Internet istituzionale, il 15 aprile 2020 ha precisato che: “È possibile raggiungere il luogo di culto più vicino a casa, intendendo tale spostamento per quanto possibile nelle prossimità della propria abitazione.”

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