“Ali”

Parti!

Va’ a Sìloe e làvati!

Vi confesso che non mi è facile “prendere la parola”! Nella testa si affollano pensieri, ma per “parlare” sono abituato a interagire con chi mi sta davanti. Spesso mi capita di avere in mente un pensiero, ma poi, finito di leggere il vangelo, vi guardo dall’altare… e le parole che escono dipendono molto da quel che vedo.

E provo a pensare a cosa voglia dire essere cieco! Mi verrebbe quasi da dire che se fossi cieco non sarei più capace di parlare. So che non è così, però… un po’ sì.

Ecco! Gesù dice: «io sono venuto in questo mondo perché coloro che non vedono, vedano», questa è la sua missione!

Ma non è arrivato con “la bacchetta magica” così che improvvisamente tutti sono guariti. Quello che ha fatto con il cieco nato ha dell’incredibile: gli ha addirittura impiastrato di fango gli occhi! E poi gli ha detto che doveva essere lui stesso a lavarsi!

Chissà?! Magari proprio in questo momento Gesù lo sta dicendo anche a tutti noi. C’è solo un problema: pensiamo di averne bisogno? La pagina di vangelo finisce così: “Siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane”.

Andiamo tutti di corsa a Siloe!

dL

Parti!

Partenza da Emmaus è stata la lettera che Martini riteneva non essere stata compresa. L’ha voluta ribadire con una serie di articoli pubblicati dal “Segno”, intitolati: Ripartenza da Emmaus.

Aveva notato una Chiesa troppo seduta, abituata a demandare l’annuncio del Vangelo ai missionari e alle missionarie, e che non s’accorgeva che anche il vicino di casa, o addirittura quelli stessi di casa, erano ormai diventati “terra di missione”.

Qui il discorso si fa molto attuale. Ora: non so se nei duemila anni di storia della Chiesa ci sia stato mai un periodo facile. Il Cardinale Martini si chiedeva se non fosse proprio vocazione permanente della Chiesa quella di essere un piccolo gregge, il lievito che però ha il compito fondamentale di far fermentare la massa.

Occorre ricordare che non è soltanto la Chiesa, a passare un periodo difficile. È il mondo a trovarsi in un punto cruciale della storia, indubbiamente trepido, per tantissimi motivi e a tutti i  livelli. E non penso soltanto alle stragi, al terrorismo, alle guerre che spuntano sempre qua e là con rumori sempre più minacciosi… Come non mi riferisco soltanto ai grossi rischi che sta correndo il nostro pianeta Terra per l’insensato sfruttamento delle risorse della natura. Mi riferisco soprattutto alla scelta dell’uomo moderno di abbandonare Dio, la sua sorgente, Colui che l’ha fatto grande e unico in tutto l’Universo, che solo può essere salvatore e garante della sua dignità. La Chiesa vive inserita in questa realtà. Vi è immersa. Gesù dice a noi oggi: “Voi siete nel mondo, ma non dovete essere del mondo!”. “Voi siete luce per il mondo. Voi siete sale che deve dare sapore. La Chiesa esiste per la missione, ha un compito preciso da svolgere. Come Gesù, con Gesù e in continuazione a Gesù.

  Carlo Maria Card. Martini

PARTENZA DA EMMAUS

Signore Gesù, grazie perché ti sei fatto riconoscere nello spezzare il pane. Mentre stiamo correndo verso Gerusalemme, e il fiato quasi ci manca per l’ansia di arrivare presto, il cuore ci batte forte per un motivo ben più profondo.

Dovremmo essere tristi, perché non sei più con noi. Eppure ci sentiamo felici. La nostra gioia e il nostro ritorno frettoloso a Gerusalemme, lasciando il pranzo a metà sulla tavola, esprimono la certezza che tu ormai sei con noi. Ci hai incrociati poche ore fa su questa stessa strada, stanchi e delusi.

Non ci hai abbandonati a noi stessi e alla nostra disperazione. Ci hai inquietati con i tuoi rimproveri. Ma soprattutto sei entrato dentro di noi. Ci hai svelato il segreto di Dio su di te, nascosto nelle pagine della Scrittura.

Hai camminato con noi, come un amico paziente. Hai suggellato l’amicizia spezzando con noi il pane, hai acceso il nostro cuore perché riconoscessimo in te il Messia, il Salvatore di tutti. Così facendo, sei entrato dentro di noi.

Quando, sul far della sera, tu avevi accennato a proseguire il tuo cammino oltre Emmaus, noi ti pregammo di restare. Ti rivolgeremo questa preghiera, spontanea e appassionata, infinite altre volte nella sera del nostro smarrimento, del nostro dolore, del nostro immenso desiderio di te. Ma ora comprendiamo che essa non raggiunge la verità ultima del nostro rapporto con te. Infatti tu sei sempre con noi. Siamo noi, invece, che non sempre restiamo con te, non dimoriamo in te. Per questo non sappiamo diventare la tua presenza accanto ai fratelli.

Per questo, o Signore Gesù, ora ti chiediamo di aiutarci a restare sempre con te, ad aderire alla tua persona con tutto l’ardore del nostro cuore, ad assumerci con gioia la missione che tu ci affidi: continuare la tua presenza, essere vangelo della tua risurrezione.

Signore, Gerusalemme è ormai vicina. Abbiamo capito che essa non è più la città delle speranze fallite, della tomba desolata. Essa è la città della Cena, della Pasqua, della suprema fedeltà dell’amore di Dio per l’uomo, della nuova fraternità. Da essa muoveremo lungo le strade di tutto il mondo per essere testimoni della tua risurrezione.


Nei confronti dei fratelli di fede compiamo giudizi temerari, atti di squalifica, gesti di diffidenza. Nei confronti di chi non condivide la nostra fede alziamo le spalle dicendo: che ci posso fare? Nei confronti di tanti uomini che hanno immensi bisogni materiali e spirituali, facciamo fatica ad avvicinarci con attenzione e con amore, a dare tutto l’aiuto che ci è possibile. Sono queste le “prove” più penose, perché fanno uscire alla luce la tremenda realtà della nostra durezza di cuore. Ma queste prove possono anche divenire occasione per avvicinarci alla forza del Vangelo, se ci sollecitano a chiedere e a concedere il perdono. Nella gioia di essere perdonati e di perdonare comincia a rendersi presente la novità del Vangelo, che è lieto annuncio della misericordia del Padre per noi peccatori.

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