“Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte.”
Vuoto e silenzio.
È un nuovo incominciamento: Dio fa alleanza con tutto il popolo per la seconda volta. Ma chiede a Mosè di avvicinarsi a Lui sul monte.. da solo. Non si veda nessuno su tutto il monte. Forte!
Vuoto e silenzio.
Non siamo abituati a respirare gli incontri con Dio in questo modo: assemblee, processioni, canti, preghiere corali, liturgie tutti insieme. Ci pare di sentire di più l’Eterno nel “riempire spazi e tempi”: ma ora è un nuovo inizio. Non ve ne accorgete?
Vuoto e silenzio.
Come per Mosè sul monte anche a ciascuno di noi questo tempo ci consegna un incontro diverso.. quasi riparatorio per la alleanza. Facciamo fatica ad obbedire perché ci pare sconsigliabile un Dio che non vuole vedere nessuno in giro! Ma è così.
Vuoto e silenzio.
Senza paura rimaniamo nelle nostre case. Spegniamo i bei canti e le liturgie a tutti i costi, addirittura lasciamo le preghiere corali: Dio parla nel vuoto e nel silenzio del cuore.. farà prodigi.
dG
Apri il cuore!
Ti ringrazio, Gesù di Nazaret, Signore vivente, perché, poco prima di essere consegnato a morte, hai detto la parola profetica: “attirerò tutti a me” (Gv 12, 32) Essa mi dà la certezza che ciò che sto cercando di fare, mentre scrivo questa lettera, non è solo frutto del mio sforzo, ma è obbedienza a te. E poiché siamo tutti attirati da te, la stessa forza che mi spinge a scrivere del tuo dono eucaristico è quella che attirerà ciascuno che vorrà leggere queste pagine. E chi legge le comprenderà, perché tu lo attiri dalla tua croce e dalla tua gloria. Anzi il Padre stesso, che ti ha mandato, lo attira a te. Il Padre rivela ai semplici e ai piccoli te, che sei il Figlio e manifesta il segno definitivo del tuo amore, che è l’Eucaristia.
Questa preghiera, che mi viene spontanea all’inizio di questa lettera, mi aiuta anche a superare il “timore e tremore” che sento avvicinandomi al roveto ardente che è il mistero dell’Eucaristia.
Come farò a scrivere in maniera semplice e giusta di cose così elevate? Non sarò sopraffatto – e già lo sento un po’ in me – dalla complessità del tema, dai rapporti che esso ha con tutto il mistero dell’uomo? C’è il rischio di dire troppo e di risultare alla fine generici, e soprattutto di non riuscire a comunicare la fiamma che lo Spirito ha acceso dentro.
Ma allora Mosè rifiuterà di avvicinarsi al roveto, per paura di sbagliare strada?
Carissimi sacerdoti e fedeli, fratelli e sorelle nel Signore: vi prego, leggete attraverso le righe il messaggio di fuoco, a cui esse troppo imperfettamente alludono, e soprattutto lasciatevi attrarre da quello stesso Signore che mi ha mosso a scrivervi.
Carlo Maria Card. Martini
ATTIRERO’ TUTTI A ME
Scrivo questa lettera mentre sto concludendo gli incontri pastorali “per campione”. Ho vissuto per alcuni giorni nelle parrocchie più diverse, dall’immenso e quasi anonimo quartiere Gallaratese, in periferia di Milano, sino alle verdi e solitarie valli del Luinese. Ho celebrato tante volte l’Eucaristia in situazioni e circostanze sempre nuove, dalla rotonda del carcere di S. Vittore, all’ariosa parrocchiale di Monteviasco, arrampicata sulla montagna.
Quante impressioni! Quanta ammirazione per la gente incontrata, per lo zelo e l’ospitalità dei parroci, per la fede degli umili! E insieme quante impressioni diverse nel celebrare l’Eucaristia. A volte mi pareva di cogliere come nell’aria il mistero, la presenza dell’Altissimo, il “cuore solo e l’anima sola” delle prime comunità! Altre volte sentivo come un senso di fatica. Non penso fosse dovuto solo alla stanchezza fisica: forse era finche una imperfetta fusione di cuori nell’assemblea, un cammino eucaristico ancora un po’ incerto.
L’esperienza insegna che dietro un imperfetto celebrare c’è un vivere anch’esso imperfetto. Se l’Eucaristia è il centro della comunità, essa ne diviene anche un po’ lo specchio. C’è dunque una ragione profonda, tratta dal dinamismo stesso della celebrazione, che ci invita a leggere in trasparenza liturgia e vita.
Mi sono chiesto che cosa rende un celebrare pienamente significativo, come interpretare quel “non so che”, avvertito nell’insieme del rito, che invita ad esclamare “veramente Dio è fra voi”. Mi pare che una celebrazione tocchi questi vertici quando essa, nel suo concreto svolgimento, apre ogni persona a percepire la ricchezza della vita comunitaria e, nel medesimo tempo, orienta la comunità al di là di se stessa, attraverso i temi e i bisogni immediati, verso una presenza santa e misericordiosa.
Questa presenza non è la somma delle realtà che compongono la vita comunitaria, ma un mistero che eccede il livello dei rapporti tra gli uomini e insieme si concede agli uomini in un atteggiamento di amicizia e di dono gratuito. Un mistero che inclina i cuori a simili atteggiamenti di benevolenza e di dono. Si avverte, allora, nella luce della fede, che Gesù è presente, è “il Signore”, è “il Figlio” che ci rende partecipi dei suoi misteriosi rapporti con il Padre e del suo dono per il mondo.
Così si attua veramente la parola di Gesù: “attirerò tutti a me”.
Ogni fedele sa che, mentre il cibo materiale si trasforma nell’organismo di chi lo assume, Gesù nell’Eucaristia conforma a sé chi si nutre di lui: “chi mangia la mia carne dimora in me e io in lui; colui che mangia di me, vivrà per me”. Questa verità, operante a livello individuale il cristiano che si comunica si trasforma nella linea del sentire e dell’agire di Cristo, assume comportamenti evangelici ecc.), non è stata ancora sufficientemente approfondita nelle sue conseguenze per la comunità. Il cibo eucaristico fa dei molti un solo corpo, il corpo di Cristo, nello Spirito Santo.
Essa dunque configura nel tempo un popolo che esprime a livello sociale, e non solo individuale, la forza dello Spirito di Cristo che trasforma la storia. Fa dell’umanità un popolo nuovo, secondo il disegno di Dio.
L’Eucaristia attua così nel mondo il Regno non per la forza dell’uomo, ma in virtù dell’agire dello Spirito del Risorto. Mettere l’Eucaristia al centro vuol dire riconoscere questa forza plasmatrice dell’Eucaristia, disporsi a lasciarla operare in noi non solo come singoli, ma anche come comunità cristiana, e accettare le condizioni e le implicazioni di questo evento unico e rivoluzionario che è la Pasqua immessa nel tempo dell’uomo.
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