“Ali”

Ascolta!

“È venuto per mettervi alla prova”

Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate».

Non possiamo riunirci in chiesa, ma possiamo ascoltare la Parola di Dio di questa domenica! Non perdiamo un dono così bello e potente! Il vangelo della Samaritana, la pagina dei “comanda-menti”… che in realtà la Bibbia chiama “parole”!

E quelle dieci parole sono tutte orientate dalla prima, che poi è anche l’ultima: quella riportata qui sopra. Insomma: Dio è davvero geloso! Il suo amore è così passionale che non può sopportare l’idea che noi lo tradiamo! Quando si dice che “ci mette alla prova” dobbiamo sempre intenderlo nel senso degli innamorati: prima di tutto e sopra di tutto deve esserci il nostro rapporto di amore!

Chissà che questo periodo che ci destabilizza sotto tanti punti di vista possa davvero stabilizzare, consolidare, rafforzare, ravvivare il nostro rapporto intimo di amore con Dio?!

dL

Ascolta!

“Arrivavo a Milano – ecco ancora la mia storia personale, perché la biografia di ciascuno è intrisa di ciò che uno fa e incide sulla sua azione – a 53 anni, dopo aver trascorso gran parte della mia vita precedente, sempre in contatto con la Scrittura. L’avevo studiata a lungo, ero in qualche modo uno specialista degli studi del Libro sacro, portavo dentro di me un grande amore alla Bibbia, che segnava tutta la mia esistenza. E mi dicevo: questo amore devo comunicarlo: il silenzio contemplativo, di cui parlavo nella prima lettera pastorale, non è che la premessa all’ascolto della parola di Dio.(…)

La seconda lettera porta appunto il titolo In principio, la Parola. Ci tenevo moltissimo alla virgola tra “In principio” e “la Parola”, ma i tipografi non hanno sempre capito. “In principio la Parola” equivale a “cominciare con la Parola” (cominciamo da Pinocchio…). Non è così. “in principio”, cioè principialmente, come principalità c’è la Parola. E mi sono molto commosso leggendo, recentemente, una bellissima traduzione francese, l’ultimo grido della versione biblica, che inizia il vangelo di Giovanni così: “In principio, la Parola”. Mi sono commosso perché, dopo tanti anni, ha dato ragione al mio titolo. Tutto il testo della lettera deriva da questa intuizione. Il nucleo, il senso è che la Parola governa la nostra vita, la regge, ne è la chiave, la domina interiormente, e in essa siamo. Come dice lo stesso Gesù: «Il seme è la Parola di Dio» Questa Parola non è semplicemente qualcosa di estrinseco, di aggiunto all’uomo, qualcosa di cui l’uomo possa fare anche a meno. Terreno e seme sono stati creati l’uno per l’altro. Non ha senso pensare al seme senza una sua relazione con il terreno. E quest’ultimo senza il seme è deserto inabitabile. Fuori di metafora: l’uomo così come noi lo conosciamo, se taglia ogni sua relazione con la Parola, diviene steppa arida, torre di Babele.

Carlo Maria Card. Martini

IN PRINCIPIO, LA PAROLA

Mi metto a stendere questa lettera pastorale sulla parola di Dio e subito mi trovo come bloccato nello scrivere. Ho davanti a me i numerosi suggerimenti ricevuti, che leggo e rileggo con attenzione e gratitudine. Sono tanti, e ricchi di spunti felici. In certo senso sono troppi, per riuscire a fonderli e a riassumerli in unità. Ma c’è qualcosa di più.

Sento, quanto più mi addentro nell’argomento, che la parola di Dio è qualcosa che ci supera da ogni parte, che ci avvolge e che quindi ci sfugge, se tentiamo di afferrarla. Noi siamo nella parola di Dio, essa ci spiega e ci fa esistere. Come potremmo noi parlarne, farne oggetto della nostra riflessione, addirittura farla entrare in un progetto pastorale?

E’ stata la Parola per prima a rompere il silenzio, a dire il nostro nome, a dare un progetto alla nostra vita. E’ in questa parola che il nascere e il morire, l’amare e il donarsi, il lavoro e la società hanno un senso ultimo e una speranza. E’ grazie a questa Parola che io sono qui e tento di esprimermi. “Nella tua luce vediamo la luce”.

Rivivo qualcosa dell’impressione di Isaia, che sentiva le labbra impure di fronte al mistero del Dio vivente. Vorrei dire come Pietro: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Intuisco che sto per parlare di qualcosa che è come una spada a doppio taglio, che mi penetra dentro fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, che scruta i sentimenti e i pensieri del mio cuore. Vorrei che tutti coloro che leggono partecipassero al senso di timore, che mi invade in questo momento, e si mettessero spiritualmente in ginocchio con me per adorare con commozione e gioia il mistero di un Dio che si rivela e si comunica, che si fa “buona notizia” per noi, Vangelo.

E’ soltanto in questo atteggiamento di adorazione e di obbedienza profonda alla Parola che sento di poter dire qualcosa, con la coscienza di balbettare poco e male su un mistero tremendo e affascinante.

Occorre che il primato della Parola sia vissuto. Ora esso non lo è. La nostra vita è lontana dal potersi dire nutrita e regolata dalla Parola. Ci regoliamo, anche nel bene, sulla base di alcune buone abitudini, di alcuni principi di buon senso, ci riferiamo a un contesto tradizionale di credenze religiose e di norme morali ricevute. Nei momenti migliori, sentiamo un pò di più che Dio è qualcosa per noi, che Gesù rappresenta un ideale e un aiuto. Al di là di questo però sperimentiamo di solito ben poco come la parola di Dio possa divenire il nostro vero sostegno e conforto, possa illuminarci sul “vero Dio” la cui manifestazione ci riempirebbe il cuore di gioia. Facciamo solo di rado l’esperienza di come il Gesù dei Vangeli, conosciuto attraverso l’ascolto e la meditazione delle pagine bibliche, può divenire davvero “buona notizia” per noi, adesso, per me in questo momento particolare della mia storia, può farmi vedere in prospettiva nuova ed esaltante il mio posto e compito in questa società, capovolgere l’idea meschina e triste che mi ero fatto di me stesso e del mio destino.

La Messa domenicale passa spesso sulle nostre teste senza riempirci il cuore e cambiare la vita. Ci sembra che la parola di Dio e la cronaca quotidiana costituiscano come due mondi separati. La nostra vita potrebbe riempirsi di luce al contatto prolungato e attento con la Parola, e noi invece la trascorriamo in una penombra pigra e rassegnata.

Perché non scuoterci, darci da fare affinché i tesori che abbiamo tra le mani siano resi produttivi? Nell’agire quotidiano, anche se moriamo di fatica, non chiamiamo spesso a raccolta se non una magra percentuale delle nostre reali capacità espressive e operative. Perché non accettare di sperimentare come le nostre possibilità latenti e inoperose vengono scosse, riordinate e rese esplosive per l’azione dall’appello misterioso e penetrante della parola di Dio?

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