“La tua ferita si rimarginerà presto”
Siamo feriti, non c’è dubbio. E per di più da un nemico invisibile. Non tanto perché il virus non si vede, ma perché non riusciamo a dare la colpa a nessuno. Molti si impegnano a farlo… ma chi è onesto sa bene che si tratta di un male di quelli che non dipendono dalla cattiveria di qualcuno. E allora, guardando alla nostra ferita, non avendo nessuno con cui prendercela (o farci rimborsare i danni!) e non avendo ancora farmaci adeguati… cosa facciamo?
È certamente un’occasione molto grande per tutta l’umanità per rendersi conto che la vita e il bene non ci vengono (solo) dal nostro potere tecnologico-politico-economico.
“Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… Dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo…” Ecco cosa ci dice la lettura della Messa che questa domenica non celebriamo nel solito modo: questo è ciò che fa rimarginare la nostra ferita, quella vera, che sta davvero facendo soffrire tutta l’umanità!
Oggi celebriamo un’unica grande Messa in cui chiediamo umilmente di essere salvati da questo male. E la medicina è “prescritta” già da quasi tremila anni.
dL
Fermati!
Il punto di partenza: La dimensione contemplativa della vita.
Da dove partono queste lettere pastorali? Da un momento di confusione, quasi di disorientamento, in cui mi chiedevo: ma da che cosa è opportuno cominciare? Ero entrato a Milano, come Vescovo, partendo da S. Eustorgio, per iniziare poi in piazza Castello la camminata fino al Duomo. Vidi fin da quel giorno decine di migliaia di persone che mi guardavano come aspettando qualcosa da me: che cosa era importante dire loro, non soltanto come contenuto della fede (questa era chiaro) ma come accento esistenziale per un corretto stile di vita? Dopo l’ingresso del 10 febbraio 1980, passai i primi mesi quasi senza respirare, correndo da una città all’altra della diocesi, da una parrocchia all’altra, da un incontro all’altro. Ognuno voleva invitarmi, vedermi, conoscermi, dirmi le proprie urgenze e le emergenze. Arrivai così al mese di luglio molto confuso e mi chiedevo appunto: cosa dico, cosa faccio? Avevo come la testa piena. È da questo primo senso come di smarrimento che è nata l’idea della lettera pastorale. Nei primi giorni di agosto ero andato in montagna, in una bella località dell’Austria, molto silenziosa; ricordo ancora le grandi cascate che riempivano di suoni e di freschezza le valli. Guardando i panorami al suono delle cascate iniziai a scrivere la prima lettera: “Ringrazio Dio, perché mi dà, in questi giorni in cui vi sto scrivendo, qualche momento di quiete. Nel fare ciò mi accorgo di stare vivendo, per dono di Dio, quella che si potrebbe chiamare la ‘dimensione contemplativa’ dell’esistenza: cioè quel momento di distacco dall’incalzare delle cose, di riflessione, di valutazione alla luce della fede, che è tanto necessario per non essere travolti dal vortice degli impegni quotidiani”. Mi sono detto allora: forse questa mia esperienza può servire anche ad altri. Di qui è nato il titolo della lettera, è nata l’idea di scrivere su “la dimensione contemplativa della vita”.
Carlo Maria Card. Martini
LA DIMENSIONE CONTEMPLATIVA DELLA VITA
Questo discorso sulla dimensione contemplativa della vita si dirige a ogni uomo e donna che intenda condurre un’esistenza ordinata e sottrarsi a quella frattura tra lavoro e persona che minaccia oggi un poco tutti.
Vorrei che queste parole fossero un messaggio per tutti gli uomini di buona volontà di Milano e dell’intera diocesi, spesso appesantiti dall’accumulo delle fatiche quotidiane e dalla molteplicità delle preoccupazioni. Vorrei dire loro che ammiro l’impegno stressante per la costruzione della città, per la difesa e la diffusione del benessere, per il trionfo dell’ordine contro la minaccia sempre incombente del disordine e dello sfascio.
Ma vorrei anche ricordare che l’ansia della vita non è la legge suprema, non è una condanna inevitabile. Essa è vinta da un senso più profondo dell’essere dell’uomo, da un ritorno alle radici dell’esistenza. Questo senso dell’essere, questo ritorno alle radici, ci permettono di guardare con più fermezza e serenità ai gravissimi problemi che la difesa e la promozione della convivenza civile ci propongono ogni giorno…
Volendo tuttavia dare alcuni suggerimenti riassuntivi, mi limiterei ai tre seguenti.
IL CORAGGIO DEL CONFRONTO CON DIO
Silenzio e adorazione. Allarghiamo in noi e negli altri i momenti di pausa contemplativa, di silenzio adorante. Ci sarà chi lo farà aiutandosi con le preghiere di tipo ripetitivo-contemplativo tradizionali, come il rosario o la Via Crucis, chi userà piuttosto la «preghiera di Gesù» della tradizione orientale o le giaculatorie o altre forme. Tra di esse è certamente da rivalorizzare la preghiera adorante connessa alla Comunione e davanti al Santissimo Sacramento. Si tenga conto di quanto i giovani siano sensibili al richiamo della preghiera silenziosa.
LASCIARE CHE LO SPIRITO PREGHI IN NOI
Ascolto della Parola e lectio divina. Il silenzio prepari il terreno su cui cade il seme della Parola. Alla luce dell’insegnamento della Chiesa, e particolarmente del Concilio, leggiamo attentamente, con calma, il brano del lezionario del giorno, chiedendoci: quale “buona notizia” è contenuta qui per la mia vita? Oppure percorriamo attentamente un libro della Scrittura, un Salmo, lasciando che il messaggio penetri in noi. Facciamo delle pause, e sentiamo verso quali forme di preghiera ci muove lo Spirito del Signore che è dentro di noi.
TEMPI ESCLUSIVI PER DIO
Tempi forti dello spirito. Ricaviamo per noi e per gli altri dei tempi dedicati soltanto al silenzio e all’ascolto orante. Per questo occorrerà di solito avere luoghi diversi da quelli in cui si svolge la nostra vita, cercare un po’ di “deserto”. Ciascuno deve mettere in programma qualche giornata di ritiro che sia veramente tale. Si promuovano gli esercizi spirituali in quelle forme che insegnano davvero a pregare. Gli esercizi sono infatti la più efficace scuola di preghiera. Qui nascono spesso le vocazioni di speciale consacrazione e impegno nella Chiesa. È lodevole iniziativa quella che prevede, nel periodo di scelte decisive, un corso di esercizi.