Ieri si è riunito il Consiglio Pastorale. È stato un incontro non facile da raccontare, perché il filo conduttore appariva per poi nascondersi subito dopo. E allora sparigliamo le carte… Se non ci è agevole una narrazione piana e consequenziale, non ci resta che cominciare dalla fine, per poi risalire la corrente fino all’inizio e cercare di capirci qualcosa!
La Quaresima è alle porte, bisogna mettere a punto le iniziative da proporre. Ma c’è un rischio grande, lo stesso che insidia un matrimonio invecchiato male: la tiepidezza, l’abitudinarismo. Bisogna guardarsi con terrore da questo pericolo, dal fare cioè le cose “tanto per”, solo perché così si è sempre fatto. L’Apocalisse ammonisce il tiepido con parole di una durezza inequivocabile: “poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca”. E allora sono state lanciate le prime proposte, per vivere bene tutti i venerdì e le domeniche di Quaresima.
E ci si è interrogati anche su cosa ci fa soffrire e cosa, invece, ci fa star bene nella nostra comunità: accoglienza, freddezza, amicizia, difficoltà di comunicare in un quartiere multietnico, di tutto un po’. Riflessioni da tenere nel cassetto e che torneranno utili quando sarà il momento di individuare il concreto percorso che vorremo intraprendere.
Quel che è certo è che il Signore ci ha chiamati per una ragione sorprendente, vero antidoto contro ogni tiepidezza: ci ha scelti perché stessimo con Lui (Mc 3, 14). Ecco, interrogarci su cosa ci piace (e cosa no) dello stare in comunità si tinge di un colore particolare – a dispetto di ogni abitudinarismo – se solo ci soffermiamo a considerare che stiamo parlando dello stare insieme al Creatore del Cielo e della terra, il quale ci ha pure chiesto di andare e fare discepoli tutti i popoli, insegnando loro a osservare la sua Parola (Mt 28, 19).
E possiamo finalmente giungere all’“inizio” dell’incontro e comprendere così che tutti noi laici, in quanto battezzati, siamo espressamente chiamati a svolgere una funzione sacerdotale, perché dobbiamo cercare di portare a Dio tutto ciò che incontriamo, tocchiamo e facciamo. Dobbiamo essere consapevoli che i laici sono chiamati non soltanto a unire la terra al Cielo (con la loro vita, in tutte le scelte quotidiane), ma pure ad essere profeti (indicando ai propri amici la via che può apparire nascosta) e addirittura re (partecipando della regalità di Cristo e del vero dominio su noi stessi e sulle cose del mondo).