Le Fonti Francescane raccontano nei particolari cosa avvenne a Greccio. Quindici giorni prima di Natale, Francesco chiamò un uomo del posto, di nome Giovanni, e lo pregò di aiutarlo nell’attuare un desiderio: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele amico andò subito ad approntare sul luogo designato tutto il necessario, secondo il desiderio del Santo. Il 25 dicembre giunsero a Greccio molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai casolari della zona, portando fiori e fiaccole per illuminare quella santa notte. Arrivato Francesco, trovò la greppia con il fieno, il bue e l’asinello. La gente accorsa manifestò una gioia indicibile, mai assaporata prima, davanti alla scena del Natale. Poi il sacerdote, sulla mangiatoia, celebrò solennemente l’Eucaristia, mostrando il legame tra l’Incarnazione del Figlio di Dio e l’Eucaristia. In quella circostanza, a Greccio, non c’erano statuine: il presepe fu realizzato e vissuto da quanti erano presenti.
Il presepe è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo.
Papa Francesco
Beatitudine
Ho cominciato a visitare degli ospedali psichiatrici, degli istituti, ed in una di queste istituzioni dolorose ho incontrato due uomini, Raphael e Philippe. Raphael ed io abbiamo la stessa età ma il viaggio della nostra vita è stato molto diverso. Quando aveva tre anni lui ha avuto la meningite, così ha perso la parola, cammina con difficoltà. Quando la mamma e il papà sono morti è stato messo in questa istituzione, senza chiedergli che cosa ne pensasse. Così ho condotto entrambi, Raphael e Philippe, in una piccola casa un po’ diroccata che avevo comprato.
All’inizio non c’erano servizi igienici, non c’era riscaldamento e non c’era nemmeno la luce: così abbiamo cominciato a vivere insieme. Io cucinavo e mangiavamo molto male. Facevamo tutto insieme e, come sapete, quando due o tre persone stanno insieme cominciano a litigare. Poi abbiamo iniziato a perdonare, a perdonarci gli uni gli altri. Così poco a poco, ho scoperto un piccolo comandamento di Gesù che a prima vista sembra sconcertante. Gesù dice: “Quando date una cena, non invitate i membri della vostra famiglia, non i vostri ricchi vicini, non i vostri amici, perché rischiate di fare questo soltanto per essere invitati a vostra volta. Quando date un banchetto invitate i poveri, i ciechi, gli storpi, le persone che hanno un handicap, così sarete molto felici”. Non trovate questo stupefacente? Se voi mangiaste con i poveri, entrereste nella beatitudine. E sapete cosa vuol dire? È molto semplice: vuol dire che Dio si avvicina a te. Se tu mangi alla tavola con i poveri, Dio sarà con te. E così ho cominciato a scoprire che questo era uno dei testi fondamentali dell’ARCA. Vivendo con Raphael e Philippe, progressivamente ho scoperto la profondità della sofferenza, la profondità del loro cuore ferito. Sapete non è facile sentire per tutta la vita che sei una delusione per i tuoi genitori; non è facile per un genitore portare il lutto del sogno che aveva per il figlio. Tutte queste domande delle persone che hanno un handicap toccano delle immense sofferenze umane. Sapete che cosa è l’opera di Dio? Non soltanto che l’uomo sia guarito. L’opera di Dio è dare la pace, è riunire persone molto diverse nell’unità. L’opera dell’anti-Dio è quella di separare, di dividere. E’ mettere delle persone, da sole, nel mondo dell’angoscia, risvegliare l’odio, creare la guerra; l’opera di Dio è quella di riunire delle persone insieme in comunità perché così possano amarsi. Questa è l’opera di Dio.
Jean Vanier
Lasciamoci evangelizzare dai poveri
L’impegno dei cristiani nella vita ordinaria di ogni giorno, non consiste solo in iniziative di assistenza che, pur lodevoli e necessarie, devono mirare ad accrescere in ognuno l’attenzione piena che è dovuta ad ogni persona che si trova nel disagio. «Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione» per i poveri nella ricerca del loro vero bene. Non è facile essere testimoni della speranza cristiana nel contesto della cultura consumistica e dello scarto, sempre tesa ad accrescere un benessere superficiale ed effimero. È necessario un cambiamento di mentalità per riscoprire l’essenziale e dare corpo e incisività all’annuncio del regno di Dio. La speranza si comunica anche attraverso la consolazione, che si attua accompagnando i poveri non per qualche momento carico di entusiasmo, ma con un impegno che continua nel tempo. I poveri acquistano speranza vera non quando ci vedono gratificati per aver concesso loro un po’ del nostro tempo, ma quando riconoscono nel nostro sacrificio un atto di amore gratuito che non cerca ricompensa.
Papa Francesco
Storie vere
(nomi di fantasia per persone reali che vivono tra noi)
Certe volte vorremmo fare di più. Ci disperiamo per non aver conosciuto le persone bisognose quando forse si poteva aiutarle meglio. È il caso di Mery, domestica fidata da parecchi anni presso una famiglia, che ha lasciato il lavoro, trascurandosi e cadendo in depressione. Quando arriva al Centro di ascolto SMB ha già vissuto parecchi guai: il marito, di origine straniera, le ha portato via i soldi dalla banca e l’ha lasciata formando un’altra famiglia. Lei è rimasta sola con i tre figli.
Il grande, già maggiorenne quando il padre li abbandona, la aiuta a pagare il mutuo della casa. Il secondo ha interrotto gli studi e, pur essendo cuoco, non è mai riuscito a tenersi il lavoro. La piccola, seguita dall’Assistente sociale dei minori, è molto brava a scuola, ma ha problemi di anoressia.
Mery viene da noi per cercare lavoro e per il pacco alimentare, ma forse la cosa che le serve di più è il nostro sostegno. Noi la ascoltiamo, è questo che facciamo sempre, e lei poco per volta, ci racconta il suo passato. È la figlia il suo cruccio maggiore. Non vuole più proseguire gli incontri dalla psicologa e mangia sempre meno. Cerchiamo di convincere Mery a farsi aiutare da un gruppo di sostegno adatto a queste problematiche. Passano i mesi. Adesso Mery lavora, il figlio grande si è formato una sua famiglia e lei ha chiesto alla banca dilazioni maggiori per il mutuo. Il rapporto conflittuale con la figlia è migliorato, mentre il figlio mezzano, che vive in casa, è diventato autoritario sia con la sorella che con lei, la colpevolizza dell’allontanamento del padre. Però ha trovato lavoro, perché è bravo come cuoco, e speriamo sia la volta buona. Noi, da parte nostra, continuiamo a dare a Mery tutta la forza di cui siamo capaci. Puntiamo tutta sulla sua autostima e sulla sua indipendenza.
Ammortamento
La parola sembra difficile, ma il concetto è semplicissimo! Se uno prende il taxi per andare in Centrale da Santa Maria Beltrade sa benissimo che a fine corsa il taxista gli chiederà circa 10 euro e non si metterà a discutere dicendo che la benzina per fare poco più di un chilometro costa 20 centesimi.
Il taxista non deve solo pagare la benzina, ma anche ogni tanto cambiare le gomme, rifare la frizione, sostituire l’olio… e dopo qualche anno avere i soldi per comprare una macchina nuova.
Se qualcuno utilizza un salone della Parrocchia e dà 10 euro di offerta per il riscaldamento, fa già una bella cosa (rispetto a chi non dà nulla!), ma… da qualche giorno il riscaldamento è fermo per un guasto e lunedì verrà un tecnico. So già che mi dirà di cambiare lo scambiatore di calore e già l’estate scorsa la Ditta di manutenzione mi aveva proposto il modello nuovo: 25mila euro. E io da dove li prendo? Il problema sarebbe mettersi in mente che le cose in parrocchia costano come altrove e che qui non ci sono sorgenti sotterranee di denaro!
dL
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